





































Cimitero monumentale… e monumentale è giusto la parola adatta per raccontare la lunga teoria di opere raccolte nel cimitero di Staglieno. Monumentale per quantità, per qualità e per l’impressione che lascia al visitatore. Costruito tra la fine del XIX ed i primi del XX secolo, nelle intenzioni delle ricche famiglie di mercanti genovesi, proprietarie di quei sacrari, doveva essere la imperitura messa in scena del passaggio tra la caducità della vita terrena e l’eternità dello spirito. Tuttavia, tra le aspirazioni dei committenti, il lavoro degli artisti ed artigiani che realizzarono le opere, lo spirito del tempo con una nuova borghesia in rapida ascesa sociale, la sua stessa essenza di rappresentazione materica attraverso statue antropomorfe di stile che va dal neoclassico al più recente Art Nouveau, agli occhi dell’osservatore contemporaneo ciò che traspare in misura maggiore è la straordinaria carica vitale ed umana di queste figure. Il dolore per il passaggio verso la dimensione metafisica lascia dunque spazio a sentimenti ed impressioni visive assai più terreni, dalla determinazione che traspare da alcuni sguardi alla rabbia di altri, dall’imponenza di alcuni corpi alla sensualità di altri ancora, dalla quieta rassegnazione di alcuni visi alla semplicità quasi quotidiana di altri gesti e posture. Attraverso questq lettura la rappresentazione fotografica è in particolar modo densa di difficoltà, un lavoro di ritratto che vuole cogliere l’intima essenza di una figura, un corpo o un volto tanto espressivi quanto, in senso letterale, pietrificati. Un compito arduo che porta anche all’interrogarsi, ancora una volta, circa il significato stesso di fotografia come rappresentazione della realtà.